Nel nostro deposito trovi fave di cacao crude provenienti dal Sud America, Africa, Vanuatu e Philippines

Premessa importante

Trattandosi di un’arte antica e caratterizzata dal genio tipico dell’artigianalità, seppure è necessario fissare un metodo univoco per poter parlare di cioccolato “bean to bar”, è chiaro che, in base all’esperienza e alla maestria di chi crea il cioccolato, potremo avere diverse interpretazioni e rielaborazioni personali, per quasi ogni fase del processo produttivo.

Quel che conta, non bisogna mai stancarsi di sottolinearlo, è che nulla deve arrivare “già pronto” dal mondo dell’industria.

Produrre il cioccolato bean to bar

La vera produzione di cioccolato bean to bar, come dice la parola stessa, deve pertanto iniziare dalla selezione e dall’acquisto di fave di cacao crude.

L’optimum sarebbe, magari almeno una volta nella vita…, conoscere e visionare l’intero percorso, fin dalle piantagioni di cacao, arrivando cioè a quel che si può definire “tree to bar”, recandosi nei Paesi d’origine dei semi di cacao…

Photo by Pablo Merchán Montes on Unsplash

Materie prime di qualità

Tuttavia, poiché non tutti possono girare tra i continenti alla scoperta dei diversi tipi di cacao, può essere già un buon punto di partenza il poter disporre di una materia prima di qualità, adeguatamente selezionata e potendo possibilmente scegliere tra differenti varietà.

Le tipologie di base sono il Trinitario e il Criollo (un cacao indubbiamente più pregiato e aromatico, detto non a caso “Fino de aroma”).

C’è poi la cosiddetta tipologia “Forastero” (che può essere presente in non più del 10/15% del prodotto finito), paragonabile più o meno al tipo di caffè “Robusta”, ovvero una tipologia a buon mercato che serve più che altro a rafforzare il tipo di cioccolato prodotto, ma non aggiunge certo qualità superiori.

Selezionare le fave di cacao

Disporre di fave di più origini diverse dà modo di capire e rendersi conto in prima persona delle grandi differenze organolettiche e delle conseguenti potenzialità “creative”, una volta che si sarà imparato a miscelare i diversi caratteri, cogliendo il meglio da ognuno.

La pulizia è un passaggio probabilmente noioso… ma indispensabile per riconoscere ed eliminare possibili materiali estranei presenti nelle fave, identificando anche eventuali difetti tipici, che così potranno essere rimossi prima della tostatura.

Tostatura delle fave di cacao

La tostatura è chiaramente tra le fasi più importanti, se non proprio determinante, per la buona riuscita del cioccolato artigianale. Grazie a questo processo il cacao sviluppa ed esalta appieno il bouquet aromatico originatosi durante la fermentazione. Qui la qualità del prodotto gioca già un ruolo importante: le fave calibrate resistono bene ai 110°C della tostatura standard da circa un’ora. Al contrario, in caso di qualità più disomogenee e/o in presenza di fave più piccole, sarà importante monitorare con più attenzione e variare ad hoc durata e temperature, per evitare l’effetto “bruciato”.

Altri fattori da tenere comunque in considerazione, anche in base alle diverse caratteristiche delle varietà di cacao, sono il contenuto di tannini, il grado di umidità e il tipo di prodotto finale che si vuole ottenere. Un’altra variabile può essere rappresentata dalla cottura a vapore, che può essere affiancata alla tostatura classica, al fine ad esempio di esaltare un tipo di retrogusto più particolare (es. quello di caffè e tabacco nella qualità Perù). In tal caso le durate dei due tipi di cotture devono essere ovviamente bilanciate in base agli effetti che l’artigiano cioccolatiere vorrà ottenere.

Dopo la tostatura, le fave di cacao possono essere frantumate e ripulite dalla buccia, diventando così granella di cacao.

Macinatura

La granella di fave tostate, anche tramite macine a pietra, può essere ridotta in una pasta grossolana: la pasta di cacao o massa di cacao. La macinazione avviene attraverso il calore generato dall’energia meccanica, che porta allo scioglimento del burro di cacao e alla produzione del cosiddetto “liquore di cacao”, caldo e appunto allo stato liquido. A questa pasta grezza vengono successivamente aggiunti gli ingredienti previsti dalla lavorazione. È questa la base a cui l’artigiano aggiungerà gli altri ingredienti quali lo zucchero (semolato o a velo), il latte in polvere o la panna fresca, vaniglia o altri aromi naturali a seconda della ricetta di ogni specifico prodotto. Arrivati a questo punto del percorso, si dispone già di una nobilissima materia prima dalla quale, ad esempio, partire in gelateria per la produzione di superbi gusti di gelato al cioccolato. Allo stesso modo, un maestro pasticcere potrà prendere ispirazione per nuove incredibili creazioni originali…

Concaggio

Per arrivare invece a un primo vero cioccolato semilavorato, in cui gli ingredienti principali si fondono, ci vuole il concaggio. Questa parola deriva dallo spagnolo “concha”, letteralmente “guscio” o “conchiglia”: parliamo cioè di grandi recipienti circolari in cui il cioccolato viene tenuto in movimento leggero e costante per circa due giorni, tramite un ricircolo forzato, alla temperatura di 45°C. Questa operazione serve allo sviluppo dei precursori aromatici e all’allontanamento della parte acida. Nella produzione artigianale si può utilizzare un melanger, da tenere in funzione dalle 46 alle 52 ore, a seconda di diversi parametri collegati alla qualità di fave di cacao, al tipo di ambiente in cui si lavora (condizioni stagionali, umidità e non poche altre variabili che si imparano solo con l’esperienza…). Il cioccolato esce dal concaggio in forma liquida, un accattivante e profumatissimo fluido denso, che può essere subito utilizzato. Una variante è rappresentata altresì dal cosiddetto “concaggio a umido” che prevede l’ulteriore aggiunta di burro di cacao, un grasso nobile che incide sulla consistenza finale del prodotto. Questo può avere una durata superiore per il cioccolato fondente rispetto a quello al latte, che ha un’acidità inferiore.

Temperaggio

Infine, grazie a un apposito macchinario chiamato “tempera”, il cioccolato viene temperato, cioè prima lentamente portato fino a 45°C, in modo da fondere tutta la parte grassa, poi raffreddato rapidamente a una temperatura fra i 28 e i 30°C, in modo da ottenere una cristallizzazione fine e regolare del burro di cacao. Questo, amalgamandosi perfettamente agli altri componenti, regala al cioccolato un aspetto molto brillante. Anche a tal riguardo va chiarito che l’esperto artigiano è in grado di procedere al temperaggio anche senza l’ausilio di un macchinario apposito, ma semplicemente con metodi più tradizionali e comunque tenendo sempre ben monitorata la temperatura.

Modellaggio

La fase finale è quella che porta alla confezione della tavoletta vera e propria, nei vari formati che si possono immaginare. In questa lavorazione possono ovviamente essere aggiunti molti altri ingredienti (nocciole, mandorle, cereali soffiati, mirtilli, frutta candita, peperoncino, ecc ecc…) finché la fantasia avrà voglia di sbizzarrirsi.